Consulenti, l’inconsapevole interesse personale

Perché i consulenti spesso perseguono, inconsapevolmente, fini per lo più utilitaristici

Fonte: Bluerating

La qualità di qualsiasi consulenza dipende, oltre che dalla competenza tecnica, anche, o soprattutto, dalla prospettiva morale entro la quale il professionista opera. Infatti, il consulente può senz’altro essere motivato nel dare consigli nel miglior interesse del cliente (consulenza fiduciaria). Tuttavia, può essere tentato da incentivi di varia natura, e dunque non solo finanziari, di perseguire il proprio interesse personale (consulenza ingannevole).

Un’alta immagine di sé
Queste tensioni conflittuali generano un terzo tipo di consulenza: quella auto-ingannevole. In questo caso, il consulente da un lato intende comportarsi onestamente, ma dall’altro persegue il proprio interesse personale, auto-convincendosi, inconsapevolmente ma intenzionalmente, di comportarsi in maniera moralmente corretta. Questa perversa e conveniente condizione consente di continuare ad avere una alta immagine morale di sé.

 

Opzioni disponibili
Un recente studio fornisce la distribuzione teorica delle tre tipologie di consulenza. In presenza di un incentivo di cui è a conoscenza, il 60% dei consulenti opta per favorire i propri interessi. Eliminando la possibilità della conoscenza dell’incentivo prima della scelta, la percentuale si riduce al 30%. Ciò indica che circa il 30% dei consulenti utilizza l’autoinganno quando è possibile farlo, ma sceglie l’opzione fiduciaria quando non lo è. Dunque, comprendere come “funziona” l’autoinganno è importante per il consulente che aspira effettivamente a essere ciò che desidera essere.

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