Consulenti vs “fai-da-te”
Così cambia il portafoglio degli italiani
Fonte: advisoronline.it
Gli italiani sono divisi in due: da una parte ci sono gli investitori “autonomi”, dall’altra quelli che si affidano un professionista.
Quando si parla di scelte di investimento gli italiani sono divisi in due: da una parte ci sono gli investitori “autonomi”, dall’altra quelli che si affidano ad un consulente finanziario. È questa una delle evidenze emerse dal “Rapporto sulle scelte di investimento delle famiglie italiane” diffuso dalla Consob.
Il Rapporto, tra le altre cose, analizza la modalità con la quale gli investitori assumono decisioni finanziarie e, dati alla mano,, la quota più rilevante dei partecipanti all’indagine dichiara di assumere (almeno) alcune delle decisioni finanziarie in autonomia (42%), mentre il 40% assume decisioni con il supporto di un consulente finanziario oppure di un addetto della banca (‘advice’; dato in crescita rispetto al 2022 pari al 32%).
Un’altra quota rilevante di decisioni sembra essere influenzata dai suggerimenti di parenti, amici, colleghi considerati non esperti (il cosiddetto ‘informal advice’ che raggiunge quota 32%). Decisamente più ridotta la quota di investitori retail che si affida alle indicazioni di parenti, amici, colleghi che lavorano nel settore finanziario (‘informal advice by expert’, pari al 9%), quella di coloro che delegano le proprie scelte finanziarie a intermediari (6%) e di chi, invece, si affida ai consigli dei social networks (3%).
Tutto questo come incide, però, nella costruzione del portafoglio degli italiani? Secondo quando emerso dal Rapporto firmato dai professionisti della Consob gli investitori che si rivolgono ad un consulente più frequentemente possiedono fondi comuni di investimento (51%), buoni postali (46%), obbligazioni (44%) e titoli di Stato (43%). Fondi comuni che scendono al 30% nel caso degli investitori autonomi e al 28% per chi segue i cosiddetti informal advice.
Gli investitori che preferiscono muoversi in autonomia, infatti, sembrano più attratti dall’investimento diretto in azioni che è pari al 38%, contro il 33% registrato invece nei portafogli di chi ha un consulente e al 26% di chi invece si affida a consigli di amici e parenti.
Complessivamente, al di là della figura individuata come referente per le proprie decisioni, l’analisi delle scelte di portafoglio evidenzia che i prodotti finanziari maggiormente diffusi sono certificati di deposito e buoni fruttiferi postali (48%), seguiti da titoli di Stato (39%), fondi comuni di investimento (36%), obbligazioni (35%), depositi vincolati e azioni (32%). Tra i prodotti finanziari largamente meno presenti nei portafogli degli investitori retail italiani si annoverano, invece, gli ELTIF (2%) e i pronti contro termine (4%). Il Rapporto della Consob, stima inoltre, che il 6% degli investitoti retail detenga ETC e il 7% Piani Individuali di Risparmio (PIR).
Da segnalare infine la crescente familiarità con il mondo delle cripto-valute: circa l’86% dei partecipanti all’indagine dichiara di averne almeno sentito parlare. Una familiarità superiore a quella registrata dalle azioni (82%), i prodotti del risparmio gestito (66%) e i derivati (58%). E tra gli strumenti finanziari meno conosciuti si annoverano: i pronti contro termine, i PIR e gli investimenti in crowdfunding (42% circa) e gli Eltif (23%).